
La ‘Mappa del viaggio personale’ è uno strumento utilizzabile in vari contesti del lavoro sociale.
Come nasce l’idea?
Tempo fa, durante un corso di formazione, mi hanno presentato un volume ‘L’atlande del mondo interiore’. Un insieme di mappe riguardanti specifici focus – ‘crescita’, ‘altrove’, ‘cambiamento’, etc.. Mi è piaciuta molto l’idea ed ho tentato di utilizzarle con le famiglie e con i ragazzi. Mi sono resa conto però che dovevo preselezionare un tema, oppure usare la mappa intera che conteneva molti termini poco compresibili per ragazzi e famiglie ‘cetriolino sottaceto’. L’ironia è apprezzabile, ma toglieva credibilità allo strumento e l’eccessiva presenza di concetti disorientava i ragazzi. In aggiunta, mi ero rsa conto che mi sarebbero serviti alcuni pezzi di mappa messi uno accanto all’altro perchè maggiormente attinenti con le situazioni delle famiglie con le quali lavoravo. Insomma, nonostante il mio entusiasmo, non riuscivo ad utilizzare lo strumento in maniera utile alle persone e al lavoro con loro.
Per alcuni anni ho ragionato sul creare una mappa ad hoc. E per molti anni ho lasciato perdere l’idea. Quest’anno un insieme di coincidenze mi ha portato a riprendere in mano questo progetto e a dargli forma. Un lungo corso di coaching umanistico mi ha dato l’input che mi mancava, introdurre insieme alla emozioni le attitudini e le potenzialità, e una studentessa brillante mi ha convinto che si poteva fare. Così è nato questo progetto di creazione di strumenti di lavoro sociale: abbiamo pensato la mappa, Lara l’ha disegnata e insieme abbiamo riflettuto sui luoghi metaforici e sul nome.
La mappa unisce luoghi metaforici con emozioni, potenzialità e attitudini. Nel coaching umanistico i concetti di attitudini e potenzialità sono fondamentali perchè forniscono la chiave di volta per dare senso alla consapevolezza acquisita dalle persone circa la loro situazione. Spesso accade che ognuno di noi capisca cosa gli succede, quale problema lo preoccupa, quale disagio lo rende triste o quali fatti lo hanno portato a sentirsi impotente. E’ un passaggio fondamentale per il cambiamento. Non è sufficiente però. Se so cosa mi capita, ma n0n capisco come affrontare la situazione rischio di sentirmi impotente e scoraggiato. Altrettanto, le soluzioni degli altri non andranno bene per me, non è detto che si integrino con la mia unicità, con i miei valori, con ciò che sono. Comprendere le proprie attitudini e le proprie potenzialità è uno snodo che permette di pansare azioni congrue con se stessi, appropriate al proprio Essere. La capacità di coping della persona in relazione è, infatti, caratterizzata da una trama di potenzialità, consapevolezza degli elementi ostacolanti e facilitanti – persone e situazioni – il raggiungimento degli obiettivi.
Lo sviluppo del potenziale è quindi il risultato di un processo di maturazione. ‘Il baricentro dell’intervento è proprio la consapevolezza delle potenzialità mai conosciute e già scoperte grazie alla costruzione di una relazione facilitante, l’alleanza di lavoro trasparente, l’esplorazione del presente percepito e del futuro desiderato (Pannitti & Rossi, 2011). Le potenzialità come altre competenze sono allenabili e possono essere trasformate in nuove competenze specifiche e di processo, di metodo da applicare in tutti gli ambiti della vita. Il professionista si prende cura del cliente allenandolo a riflettere sulla cura di sé, su ciò che ritiene eticamente coerente con la propria visione della vita e della persona che desidera essere. Qcco qui le attitudini, l’essenza dell’essere.
Immaginiamo che una persona stia cercando lavoro e voglia farsi conoscere per ampliare le proprie possibilità di trovare contratti. Se nel profondo di sè l’umiltà e l’attenzione all’altro, la giustizia, non apprezzare di essere sulla scena sono elementi fondamentali allora non sarà sensato ipotizzare azioni aggressive di autopromozione. Chi metterebbe mai in atto azioni che lo fanno star male con se stesso? Esistono tanti scenari di possibili soluzioni se conosciamo le caratteristiche delle persone, ciò che li rende unici: attitudini e potenzialità appunto. Le potenzialità, le caratteristiche personali, possono essere conosciute o ancora latenti, non riconosciute. Proprio un lavoro di conoscenza,confronto, immaginazione può farle emergere.
Non propongo la mappa come uno strumento statico, piuttosto come dinamico sia nel modo in cui utilizzarlo sia nel tempo.
Come proporlo? A chi?
La mappa può essere proposta ai singoli o alle famiglie. Non credo che ci siano limiti agli ambiti di utilizzo.
‘Da che luogo stai partendo?’: identificare con la persone una sintesi del suo ‘presente percepito’ attraverso l’individuazione di un luogo metaforico sulla mappa che rappresenti il punto di partenza del viaggio della persona. Nel coaching umanistico il presente percepito rappresenta l’idea che la persona ha della propria situazione attuale.
‘Dove vorresti arrivare?’: il ‘futuro desiderato’ rappresenta la finalità, ciò che si desidera per sè e per le persone che amiamo. Il futuro desiderato non deve essere confuso con l’obiettivo. Non è detto che debba essere una meta definitiva, potrà cambiare nel tempo e durante l’intervento, ma averla in mente aiuta a costruire un percorso significativo.
Come ci arrivo? Che strada intraprendo? Vediamo le possibilità: individuati questi due luoghi, possiamo chiedere alla persone di indicare le attitudini che si riconoscono, le potenzialità che pensano di avere o di poter sviluppare, di rilfettere sugli ostacoli e gli elementi facilitanti. In questo modo ci si confronta sulla persona, su ciò che pensa di sè. Insieme si costruisce una strada, un percorso, un viaggio personale, UNICO.
Potete chiedere alle persone di aggiungere ‘luoghi’, di connettere i punti tra loro per definire il loro piano di azione.
La mappa deve essere intesa come uno strumento flessibile, dialogico, partecipativo, pro-attivo e volto all’azione.
Questo strumento e il suo utilizzo nei vari contesti ed ambiti del lavoro sociale sarà spiegato ampiamente nel corso ‘E ora parliamo un pò’, ‘E ora parliamo un pò in gruppo’, ‘Gli strumenti del coaching’.