Il termine ‘relazione di fiducia’ è un concetto molto utilizzato dai professionisti dell’aiuto compresi gli assistenti sociali.
Per fiducia si intende un ‘atteggiamento, verso altri o verso sé stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni, per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità, e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità’ (vocabolario Treccani)
Per produrre quel sentimento di sicurezza che permette alle persone di sentirsi al sicuro la fiducia va costruita, non può essere data per scontata.
Non possiamo pensare che siccome abbiamo una laurea appesa al muro, perché usiamo il titolo di Dott. o Dott.ssa o perché facciamo parte di un’istituzione pubblica la fiducia ci sia dovuta. La fiducia si costruisce. Come? A me lo hanno insegnato i genitori e gli adolescenti che ho conosciuto negli anni e un supervisore di tirocinio – che mi faceva uscire piangente dopo ogni colloquio!. Nessuno me lo ha insegnato all’Università e me ne rammarico. Un po’ di realismo e concretezza mi avrebbe consentito di difendermi meno all’inizio quando mi sentivo attaccata da utenti poco disponibili al confronto. E già io mi aspettavo che tutto sommato loro comprendessero che ero lì per dargli una mano. E invece no!
Poi un ragazzo mi ha chiesto: ‘perchè dovrei fidarmi di te? Chi sei tu?’
Oggi ho costruito la mia visione del lavoro sociale che si modifica con tempo più il mio bagaglio di esperienze e conoscenze si arricchisce.
La costruzione di una relazione di fiducia si basa sul presupposto di ESSERE CREDIBILI. E la credibilità si basa sul fatto che siamo trasparenti, interessati all’altro, che usiamo un linguaggio chiaro, che non ci nascondiamo dietro tecnicismi o al nostro ruolo o al nostro potere. Insomma per costruire una relazione di fiducia, se non siamo di quei professionisti che la danno per scontata, dobbiamo metterci in relazione con l’altro non pretendendo dall’altro che si fidi di noi. Questo mi hanno insegnato i ragazzi e i genitori.
Essere autenticamente interessati a chi ho davanti, non al loro problema, vederli come persone nella loro pienezza chiunque essi siano, qualsiasi cosa abbiano fatto. Far sentire all’altro che siamo lì per lui o per lei. Dimostrare con i fatti che siamo lì per fare al meglio possibile, anche ammettendo i nostro errori, il nostro lavoro e farlo insieme a loro perché senza di loro noi non possiamo lavorare.
ESSERE CREDIBILI SIGNIFICA FARE CIÒ CHE SI DICE. Significa essere i primi a rispettare gli accordi indipendentemente dalla fatica quotidiana del nostro lavoro, tutti siamo molto impegnati e spesso anche i nostri utenti lo sono eppure da loro ci aspettiamo tanto. E noi? La nostra fatica organizzativa non può pesare sui nostri utenti o clienti. Organizziamoci meglio! Se diciamo ad un utente che la puntualità è importante e lo riprendiamo quando arriva in ritardo pensiamo davvero di essere credibili se noi non facciamo la stessa attenzione? Sarebbe utile che prima di farci domande sulla non collaborazione degli utenti ci chiedessimo quanti dei nostri comportamenti quotidiani di lavoro sono poco collaborativi. Cambiamo il nostro atteggiamento prima di pretendere che l’altro cambi il proprio. E ricordiamoci che la responsabilità di iniziare la relazione con l’utente con il piede appropriato è nostra come professionisti.
La costruzione di una relazione di fiducia e il raggiungimento di questa implica anche saper accogliere le differenze di opinione degli utenti rispetto alle nostre. Essere in grado di accogliere che l’utente si permetta di dissentire costruttivamente, dialogando e confrontandosi con noi. Un utente che si permette di dirci con tranquillità che non è d’accordo con noi cosa ci dice veramente? Che si sente così tranquillo nella relazione con noi da sapere che non useremo il suo desiderio di confronto contro di lui. Allora saremo entrambi in una relazione rispettosa nella quale il pensiero dell’uno e dell’altro è importante, è preso in considerazione. E in quel momento saremo, come ci insegnano i teorici dell’approccio transazionale, in una relazione Adulto-Adulto cioè siamo due persone in una posizione di potere perché noi professionisti riequilibriamo all’interno della relazione lo squilibrio dato dal fatto che un soggetto è utente e l’altro è professionista, rappresentante spesso di un’istituzione pubblica e con mandato dell’Autorità Giudiziaria. Ognuno è una relazione in cui sente di poter dire ciò che pensa in un confronto costante e continuo in cui si valuta in maniera rispettosa l’apporto che l’altro dà alla relazione.