Come cambia la percezione della tecnologia con il coronoavirus? pt2

Torna il v-log di assistente sociale privato, oggi vi proponiamo la seconda parte della riflessione  svolta con Francesca Codazzi, sul rapporto tra tecnologia e coronavirus:

Come cambia il modo di usare la tecnologia con il coronavirus?

Io ad esempio non faccio quasi più riunioni in presenza, perché comunque dovermi spostare richiede un costo, che grava sugli utenti e non solo.

La mia critica costruttiva riguarda il fatto che la mancanza di tempo tanto decantata  dai colleghi potrebbe essere superata facendo colloqui online.

Ad esempio, io soprattutto con il ragazzo adolescente mi relazioni quasi sempre tramite smartphone in quanto loro passano molto tempo online, ed è un modo per avvicinarsi di più al loro mondo, entrare in contatto con loro risulta così più semplice e possibile.

Siamo in un periodo di emergenza, possiamo venirci incontro, utilizzare il nostro smartphone per parlare con lui, per fare una video chiamata; perché se l’utente non collabora è un non-collaborante, ma se un professionista si rifiuta di svolgere un colloquio online va bene?

Noi siamo una professione per e con le persone, dobbiamo collaborare con loro per raggiungere l’obiettivo condiviso.

Nel pubblico come si comporta l’utenza?

Molte situazioni possono essere monitorate via skype, soprattutto nell’ottico di utilizzare questo tempo, non lasciarlo perso.

L’unico problema  sono le persone anziane con il quale ci relazioniamo per telefono, anche se ad oggi molti di loro stanno imparando per parlare con figli  e nipoti.

Questa mancanza non è colpa del professionista, ma del servizio che deve mettere a disposizione le risorse per far fronte a questa emergenza.

Dobbiamo adeguarci, perché sennò colloqui, indagini psicosociali, lasciate  indietro vengono accumulate nel tempo, poi non ci lamentiamo se il servizio sociale viene additato come non rispondete al bisogno o assente e stereotipato.

Le udienze sono sospese? non fa niente. lavoriamo noi, facciamo vedere che ci siamo sul territorio, che siamo noi a decidere come meglio fare il nostro lavoro; utilizziamo questo tempo per creare un immagine diversa del servizio, per scardinare stereotipi e pregiudizi che da sempre accompagnano la nostra profession

 

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