Torna il v-log di Assistente sociale privato, oggi con Sara Visentin ragioniamo sulle modalità di lavoro online che potrebbero essere applicate nel mondo sociale.
Tutto va contestualizzato.
Un primo colloquio con, soprattutto se l’ utente/cliente è vicino preferiscono farlo in presenza, ma il contesto è fondamentale.
Nel dettaglio infatti, chi non accetta, chiudendosi a riccio, il lavoro sociale online non recriminando l’importanza del setting, non tiene conto di alcuni particolari.
Per prima cosa, molto spesso, nei servizi un utente fa fatica a sentirsi accolto, perchè ci sono continue interruzioni ad esempio il telefono che squilla, e non si riesce a restare concentrati.
Molte situazioni, come ad esempio le riunioni di equipè , potrebbero trarne un vantaggio in termini di tempo; infatti, molto spesso, i professionisti, lavorano anche in altri luoghi, vedersi online permetterebbe di utilizzare il tempo del viaggio per lavorare.
Un assistente sociale può lavorare in smart-working anche dopo l’emergenza?
Sicuramente un assistente sociale deve uscire dall’ufficio, deve stare in mezzo alla gente, alla comunità, svincoliamoci da i vari stereotipi che ci hanno cucito addosso nel corso degli anni.
I problemi dello smart working riguardano determinati tipi di colloqui, come ad esempio un incontro con un bimbi di tre anni, o con persone molto anziane.
Dal punto di vista professionale, non tutte le aziende ( o Comuni) garantiscono PC portatili per il lavoro da casa, e questo crea limitazioni.
I servizi non sono pronti ad affrontare questa situazione,
Non tutti i colleghi sono pronti al cambiamento?
Iniziamo da noi!!!
Siamo noi il cambiamento che dobbiamo attuare!!!!!
Non vogliono comprarvi il PC per lavorare da casa? dimostrate che lavorando cosi si risparmia tempo e denaro!!
Il cambiamento che vogliamo vedere nella nostra comunità professionale deve partire da noi, nel qui ed ora, con ciò che abbiamo.
Cosa ne pensi?
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